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Chi vive qui per più di due anni non riuscirà mai a venir via. Benvenuto nella comunità. E nella comunità, nessuno legge Ripellino, perché Praga è maledetta, non è magica.
Ludovica, già studiosa di letteratura e politica in pensione, torna nella capitale ceca dopo quarant'anni da quando ci aveva abitato in gioventù, alla ricerca di un vecchio amico. I suoi ricordi, le sue impressioni e le sue riflessioni fanno di questo romanzo – ambientato in un “non tempo”, ma in un luogo molto preciso – uno specchio analitico sulla nuova migrazione giovanile, oltre che una guida storica e aneddotica della città.
Un racconto scritto al femminile e ambientato in una città che raccoglie expat da ogni parte d'Europa offrendo loro lavori "sicuri" nelle varie multinazionali, ma alienanti e poco pagati. Questi impieghi permettono di vivere in autonomia, ma non di raggiungere una vera tranquillità economica, né di tornare in Italia (o negli altri paesi d'origine) a causa dell'evidente differenza nel costo della vita: si genera così una specie di bolla dalla quale non si esce, ma dove pian piano s'invecchia.
La Primavera di Praga diventa quindi metafora per un contemporaneo Ver Sacrum: come i popoli dell'Italia antica allontanavano i giovani dai villaggi sul finire dell'inverno, quando le risorse erano quasi terminate, così i giovani dell'Italia contemporanea finiscono per restare intrappolati in un souvenir maledetto (e non "magico"), diventandone le nuove "primavere".