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Chi quest’anno ha inaugurato la rubrica più amata del West? L’onore è spettato ad Antonella Sica (qui il suo ‘Il posto delle cose’), che ci regala un nuovo racconto vagamente distopico e allucinato. Consigliato con caffè assunto in balcone, in uno dei prossimi e ancora tiepidi pomeriggi.
Le ortiche
Io e Eli avevamo affittato una casa ammobiliata. Non era un granché ma d’estate era fresca e d’inverno calda. Luce ce n’era poca per via di tutti quei palazzi intorno. Sul balcone c’era un grosso vaso che ingombrava il passaggio; era di cemento. Brutto, direi. Appena arrivati c’erano dei fiori dentro. Non so di che tipo. Fiori colorati. Sembravano delicati. Infatti sono morti quasi subito anche perché né io né Eli li abbiamo mai bagnati. Li guardavamo e basta. Poi sono morti e non li abbiamo guardati più.
Portare via il vaso manco a parlarne! Pesava troppo e poi, in fondo, mica vivevamo sul balcone.
Un giorno Eli esce per stendere e sento che mi urla: “Giova! Nel vaso sono cresciute le ortiche.”
Io butto fuori un occhio: “Sei sicura che sono ortiche? Come fai a dirlo?”
“Toccale!” mi dice lei.
“Non ci penso nemmeno.”
“Non mi dire che non sei mai stato in campagna e che non ti sei mai punto con le ortiche!”
“In effetti, sì! Ma non le ho mai viste.”
Il vaso era messo di traverso e divideva il balcone in due lasciando un passaggio molto stretto. Né io né Eli avevamo voglia di farci il culo per spostarlo, tantomeno di togliere le ortiche che all’inizio dell’estate avevano infestato anche il pavimento. Quindi, per raggiungere l’altra parte, bisognava passare dalla camera da letto. Ci piaceva passare le sere d’estate fuori a bere una birra ma, per via delle ortiche, quell’estate io stavo dalla parte del soggiorno e Eli da quella della camera. A volte manco ci vedevamo. Stavamo in silenzio a fumare e a bere, anche perché parlare era difficile. A non vedersi ti viene da alzare la voce e con tutte quelle finestre intorno mica hai voglia di far sapere a tutti i cazzi tuoi.
Una sera, comunque, chiedo a Eli se vuole un’altra birra che io stavo andando in cucina a prendermene una. Avevo anche finito il mio tabacco e già che andavo potevo prenderne un po’ del suo. La chiamai un paio di volte ma lei non rispose. Rimasi un po’ lì, in attesa, magari era andata al cesso, poi però mi alzai e andai a vedere. Sul balcone Eli non c’era; c’era il suo posacenere, qualche bottiglia vuota ma lei no. C’era pure il suo tabacco e già che ero lì ne presi da rollarmene un paio. Poi diedi un’occhiata in giro per casa ma niente. Allora andai a prendermi la birra e tornai sul balcone; tanto che potevo fare.
“Se deve essere che torna, torna.” pensai.
Antonella Sica
Genovese, ha lavorato come regista e organizzatrice di eventi culturali cinematografici. Ha diretto e realizzato cortometraggi di fiction e documentari. Dal 1998 al 2014 è stata codirettrice artistica del Genova Film Festival e ha ideato e organizzato diversi festival cinematografici tra cui X_Science: Cinema tra Scienza e Fantascienza, FIDRA, Ecuador Festival. Nel 2016 ha pubblicato la sua prima silloge poetica Fragile al mondo (Prospero editore). Nel 2017 la sua silloge La memoria nel corpo vince il Premio Internazionale di Poesia Città di Milano.
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