Rotate screen
Un viaggio in Kurdistan iracheno per raccontare di popoli e di comunità disperse tra frontiere instabili, violenze intestine e burocrazie ristagnanti. Parole, volti e nomi da Dahuk a Erbil, passando per Mosul, ex roccaforte dello Stato Islamico. Con un occhio di riguardo nei confronti dei soggetti più dolenti e fragili (utenti psichiatrici, vittime di mine antiuomo, sopravvissuti ai massacri dell’ISIS), il reportage è stato realizzato grazie al sostegno di Emergency e Un Ponte Per.
Attorno al 2001 il Kurdistan iracheno era una regione completamente isolata; si diceva, come si dice di Gaza, che fosse il più grande carcere a cielo aperto del mondo. Era quasi impossibile entrare, lo si poteva fare solamente con il permesso della polizia segreta iraniana e dei peshmerga curdi, via Iran, via Kermanshah con un taxi, o con una barca attraversando un piccolo fiume dalla Siria.
Annet Henneman