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I poeti, i poeti che ci interessano, vivono al di sopra delle proprie possibilità cognitive. Non importa quanto siano lucidi nella descrizione delle cose di cui parlano. Non importa quanto alto sia il grado della loro capacità di evocazione. Non importa quanto disponibili siano le leggi metriche e linguistiche nelle loro mani che tremano per un refolo di vento o si chiudono a pugno spaccando muri di pietra. Alla fine di ogni frase, all’inizio, hanno sempre un po’ di febbre, cadono sempre svenuti, con la faccia deformata, con la fronte distesa dei nati domani.
«Conchiudi bene, che la poesia non nasce da le regole, se non per leggerissimo accidente; ma le regole derivano da le poesie: e però tanti son geni e specie de vere regole, quanti son geni e specie de veri poeti»
Con prefazione di Marie Fabre e postfazione di Carlotta Vacchelli.